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mercoledì 6 ottobre 2010

Mal d’amore di Roberto Scudeletti



24 Settembre 2009

“Oramai mi è entrata dentro”.
“Dentro la testa, nelle viscere, nel cuore ma anche nei polmoni, visto che quando la vedo il respiro si fa affannoso e parlo quasi sottovoce, come fossi all’interno di una chiesa”.
Il tram sferragliava sui binari cittadini, sfiorando altri tram, autobus, automobili, furgoni, moto, biciclette e pedoni indisciplinati, nel traffico pomeridiano della metropoli.
Giacomo, l’autista, pensava a lei, ancora.
Ad una fermata salì una coppia di controllori, uno dalla porta anteriore ed il secondo da quella posteriore, per prendere come in una morsa coloro, ed erano tanti, che sfidando l’azienda pubblica di trasporti osavano salire senza essere muniti di regolare biglietto o abbonamento.
Dopo aver svolto il loro sporco lavoro, ma qualcuno deve pur farlo, uno dei due andò a parlare con Giacomo: <<Buona sera caro mio, come la va?>>. La risposta fu inattesa, poiché stonava col carattere solare della persona: <<Salute e lavoro bene, amore mi dà dei pensieri…>>. Mario percepì le ultime parole come una richiesta se non di aiuto almeno di sfogo e così si regolò di conseguenza. Dopo un breve silenzio decise di essere propositivo: <<Tra poco arriviamo al capolinea e finiamo il turno, ti va di parlarne a cena?>>. Altra pausa, con tanto di occhiata ad uno dei grossi specchi sulle porte centrali per la chiusura dopo la discesa dei passeggeri. <<Direi che va bene, a patto che andiamo dove fanno il miglior risotto alla milanese con ossobuco della città!>> rispose Giacomo, ritornando ad essere il solito allegro fanciullo afflitto da sindrome di Peter Pan.
I due erano compagni di scuola delle medie inferiori, poi separatisi alle superiori per indirizzi scolastici diversi, rimasti amici e finiti a lavorare per la stessa azienda, grazie ad una felice combinazione del destino.
<< Allora Giacomo , cosa ha che non va la tua nuova fiamma?> chiese Mario all’amico, in attesa dell’arrivo della sua cotoletta milanese.
<<Forse sono io che sono complicato o incontentabile…>> rispose il fidanzato in pena, subito interrotto dall’amico con una sferzante ipotesi: <<O forse tutte e due…>>.
L’occhiata che ricevette lo fece tacere subito, anche se entrambi sapevano che le battute reciproche erano basate su ironia e spiritosaggine e non su polemica o rimproveri fini a se stessi.
<<Ho fatto un profondo esame di coscienza, di cosa provo per lei, di quali sono i miei più intimi e profondi desideri in tema d’amore…>> - riprese Giacomo - <<e sono arrivato alla conclusione che sono veramente innamorato di lei, cotto perso, ma abbiamo una diversa visione nei confronti del sentimento che ci lega, io sento di essere romantico e sensibile, al limite della fragilità, almeno secondo i canoni dell’uomo di oggi, mentre lei è…>>
<<… concreta e razionale!>> lo interruppe l’amico, suscitando una reazione ed uno sguardo assolutamente stupiti, come se un arcano segreto fosse stato svelato al mondo intero.
<<Sì, proprio così, ma tu come fai a…?>> chiese l’incredulo Giacomo.
<<Dimentichi che io, come te, sono uno scapolone incallito, ma a differenza tua ho un dito di pelo sullo stomaco ed una moquette sul cuore. Con le donne ho sperimentato di tutto, tranne il piacere di capirle o di innamorarmene, compreso il tipo “donna in carriera”, perché è di questo che si tratta vero?>>.

Altro stupore, per l’analisi perfetta, anche se grossolana e superficiale, ma efficace perché diretta, come un pugno nello stomaco che si tramuta in carezza di comprensione.
<<Pensa che le ho proposto un fine settimana romantico in riviera a Camogli e Portofino e mi ha risposto che le piacerebbe tanto, ma non se lo può permettere perché deve preparare la riunione di ogni lunedì mattina…>> citò Giacomo, come esempio a suo modo lampante della situazione.
<<E tu ci soffri perché invece vorresti stare sempre con lei, un cuore e una capanna praticamente>> replicò Mario.
Furono interrotti dall’arrivo del cameriere, con un piatto fumante di risotto giallo intenso, con a lato un ossobuco formato gigante in una mano ed un piatto anonimo, con una cotoletta e purea di patate così modesti da non poterne reggere il confronto nell’altra.
<<Sei così profondo Mario, vuoi sposarmi?>> decise di sdrammatizzare Giacomo, prima di tuffare forchetta e coltello in uno dei suoi piatti preferiti.

Pochi giorni dopo Giacomo era a casa a riposo settimanale, intento a seguire una delle poche fiction che gli piacevano, piena di momenti di sano senso dell’umorismo italico, che lui possedeva già di suo.
Squillò il cellulare, per fortuna durante una pausa pubblicitaria, ma subito in cuor suo un pensiero si fece strada, del tipo “Chi può essere alle undici di sera?”.
<<Sono la mamma di Carla…>> furono parole sufficienti a tramutare il pensiero in presentimento. <<Che succede signora?>>.
La replica arrivò impietosa, con una sfila di parole che non accettavano interruzioni: <<Mio Dio, Giacomo! La nostra Carla ha avuto un grave incidente stradale, è uscita di strada da sola, penso per la stanchezza dopo l’ennesima giornata di quattordici ore, sai come è fatta lei, siamo in viaggio con mio marito verso l’ospedale Fatebenefratelli e…>>.
Un singhiozzo interruppe la comunicazione e, senza bisogno di leggerle nel pensiero, Giacomo, con la voce più tranquillizzante possibile, rispose ciò che la donna si attendeva da lui: <<Vi raggiungo subito là, signora e coraggio mi raccomando>>.
Un abbraccio collettivo con lacrime trattenute a stento caratterizzò l’incontro dell’aspirante genero con i genitori di lei, alle porte del pronto soccorso di uno dei grandi ospedali cittadini.
<<Cosa dicono i dottori?>> chiese Giacomo ad entrambi.
Mentre la madre si asciugava gli occhi umidi il padre, un sessantenne robusto dalla voce roca per il fumo da un pacchetto al giorno rispose con un timido sorriso: <<Non è in pericolo di vita, per fortuna l’impatto con un albero è stato solo di striscio ma l’auto si è ribaltata…>>. Aggiunse: <<Purtroppo quello che desta preoccupazione è una lesione al midollo spinale. C’è pericolo per le gambe, mamma mia che disastro!>>.
L’auto, forse per un colpo di sonno, aveva slittato sull’asfalto umido di pioggia, dopo una brusca frenata in una curva ingannatrice, che sembra dolce all’inizio rivelandosi poi insidiosa poiché lunga ed apparentemente senza fine.
Andò a sbattere col lato anteriore sinistro su uno degli alberi al ciglio della strada finendo la sua corsa a ruote in su, in un piccolo fossato posteriore, che la separava dai terreni adiacenti, occupati per metà da capannoni e per metà da campi incolti, nel mirino di future speculazioni, crisi economica permettendo.
L’efficiente intervento di una squadra dei vigili del fuoco riuscì ad estrarre la donna dall’abitacolo, per ricevere le prime cure del caso dai sanitari giunti subito sul posto che la condussero rapidamente all’ospedale.


Dopo un paio di ore di attesa ebbero le prime novità dal medico che l’aveva presa in carico: <<Per fortuna aveva le cinture allacciate, l’air bag ha fatto il suo dovere e la velocità era moderata per cui non ci sono altri danni…>>. “Questa è la carota” pensò subito Giacomo, aspettando il colpo del bastone che arrivò inesorabile. <<… ma c’è il serio pericolo che Carla possa perdere l’uso delle gambe, anche se bisogna attendere la visita specialistica stamattina della nostra equipe neurochirurgica per la conferma o meno>>.
Mentre il gelo calava nella sala d’aspetto semi deserta il dottore sussurrò un mi dispiace prima di tornare nella sua trincea professionale, lasciando le tre persone ad attendere l’evolversi della giornata che avrebbe deciso il futuro della loro amata Carla.
<<Voglio vedere la mia bambina>> interruppe il triste silenzio la mamma che, senza aggiungere altro si recò alla segreteria del pronto soccorso, dove una premurosa infermiera la informò che la figlia era stata trasferita in neurochirurgia e dormiva sotto sedativi. <<Guardi signora anche io sono mamma e la capisco, ma non possiamo fare nulla di più, per cui le consiglio di cercare di riposare e tornare in tarda mattinata, quando avremo il responso definivo dal reparto.>> disse in tono gentile, aggiungendo con un sorriso <<E’ meglio così, mi creda>>.

Alle otto Giacomo fu svegliato dalla musica della radio sveglia e, come spesso succede in questi casi, pensò di aver sognato, forse per colpa di una cena troppo pesante a base di pizza ai peperoni, la sua preferita. Immediatamente dopo i ricordi della prima parte della notte trascorsa in ospedale riaffiorarono chiari nella sua memoria ed un misto di sconforto e voglia di reagire lo accolsero nel letto matrimoniale della sua casa da scapolo in attesa di futura sistemazione. Prevalse la seconda, per fortuna, facendolo immediatamente scattare in piedi per occuparsi delle normali attività di ogni inizio giornata, dalla barba al caffè e latte. Unica nota stonata la telefonata che non avrebbe mai voluto fare a Mario, con la quale gli comunicò la brutta notizia e la richiesta di informare il capo del personale che si prendeva una settimana di ferie. <<Sarà fatto amico mio e per qualsiasi cosa ricordati che ci sono sempre. Ti chiamo dopo l’ora di pranzo per sapere l’esito della visita. Mi raccomando Giacomo, stai su>>.

Alle due del pomeriggio un cellulare squillò al bar dell’ospedale. <<Allora come è andata?>> - chiese diretto Mario all’amico. La risposta fu pronunciata nel tono più neutro possibile, per impedire lacrime amare che altrimenti avrebbero impedito qualsiasi parola: <<E’ in fase di shock spinale, dovuto ad un danno al midollo da valutare dopo circa sei settimane e rischia la paralisi alle gambe, che non riesce a muovere>>. Mario replicò con tono fiducioso: <<Quindi alla fine delle sei settimane potrebbe essere rientrato tutto e la paralisi rivelarsi reversibile, con l’opportuna riabilitazione, no?>>. Un sorriso, il primo da quasi due giorni, spontaneamente affiorò sul volto di Giacomo: <<E’ proprio come mi ha detto il professore, caro mago…>>. <<Ma quale mago, sappi che è successa la stessa cosa ad un mio lontano parente e gli è andata bene, tutto qua>>. Si salutarono e Giacomo si avviò verso il reparto femminile di neurochirurgia per la sua prima visita alla fidanzata, circondata già da alcuni minuti dall’affetto dei suoi genitori. Viso pallido e occhiaie Carla era seria, con la mano sinistra racchiusa nella destra della madre seduta vicino al letto, mentre il padre stava in piedi, guardando le sue due donne con le braccia conserte.
<<Vi lasciamo soli>> annunciò alzandosi la signora, prendendo per il gomito il marito e conducendolo fuori dalla stanza singola, che per fortuna era stata messa loro a disposizione.

<<Sei venuta a trovare l’invalida e prossima disoccupata?>> chiese la ragazza. <<Posso sedermi?>> replicò Giacomo. Un lieve cenno affermativo gli fece prendere il posto della madre di lei.

<<Strano, non è da te reagire così ad un problema, di solito lo affronti con assoluta razionalità>>. <<Appunto, appunto…>> quasi sospirò Carla, proseguendo: <<Se tra sei settimane il responso sarà di paralisi completa non diventerò invalida e disoccupata in una botta sola?>>.
Seguirono settimane di terapie, controlli, esami, visite, in attesa del verdetto finale.
Giacomo, premuroso, le rimase accanto, anche nei lunedì senza riunioni ed in tutti gli altri giorni privi, per lei, di una carriera da inseguire.
All’inizio Carla la prese male, passando da un mutismo triste ad un nervosismo reso evidente da parole acide rivolte al suo uomo.
Ma col passare del tempo la vicinanza di una persona che gratuitamente si donava a lei ruppe quello strato di razionalità che ricopriva la sua anima e aprì uno squarcio di sole su altri valori della vita, ai quali lei aveva fino a quel momento dato minor peso.
Finalmente il mese e mezzo trascorse ed in una mattina di settembre si ritrovarono tutti da Carla per attendere insieme l’arrivo del professore, primario del reparto.
<<Vorrei rimanere sola con Giacomo per pochi minuti, per favore>> ed i suoi genitori subito la accontentarono.
<<Dimmi amore mio…>> la interrogò lui.
<<Se dovesse avverarsi l’ipotesi peggiore tu che farai?>> chiese la ragazza, emozionata.
Senza alcuna esitazione Giacomo le prese la mano e rispose semplicemente: <<Continuerò ad amarti, come ora ed a starci vicino, se tu lo vorrai, per sempre>>.
Gli occhi di Carla lo fissarono in maniera diversa, amorevole, mutata dalle solite volte e lui se ne accorse, ma non fece in tempo a pensare, dire o fare nulla che lei intrecciò le dita alle sue, in gesto di profondo affetto.
Versando una lacrima solitaria mormorò: <<Finalmente ho capito, il mio cuore è cambiato e tu, d’ora in poi, non soffrirai più per causa mia di mal d’amore>>.

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