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sabato 18 giugno 2011

IL PUNGIGLIONE DELLO SCORPIONE di Roberto Scudeletti






<<Certo che è una figata, vero?>>. La ragazza sull’auto volante stava inserendo nel lettore multiplayer un megadisc di musica rock di oltre un secolo prima. Gli Scorpions incominciarono a diffondere la loro musica nell’abitacolo. Era il 1984. Love at first sting. Un gioco di parole. Amore alla prima puntura…di scorpione, appunto.
Il ragazzo alla guida la guardò, annoiato da quelle note antiche. Nel 2101 la musica elettropop era il presente ed il futuro. Per lui non esisteva altro.
Poi abbassò gli occhi sulle cosce nude della tipa che aveva appena rimorchiato ad un distributore di idrogeno, sull’autostrada intercontinentale.
Tutto cambiò. Il suo umore e la sua attenzione. Si tramutarono in desiderio di possesso. La mini tuta non riusciva a nascondere la sagoma dei seni. Le appoggiò una mano sul ginocchio. Strinse con le dita ossa e carne di lei. Che rispose con un sorriso carico di premesse. E promesse.
Lui prese la prima uscita. Si diresse verso uno dei suoi nascondigli segreti. Per divertire se stesso. Per tramortire di sesso e dolore la sua nuova vittima.

<<Bello qui!>> esclamò la tipa. Erano entrati direttamente dalla rimessa all’appartamento, situato al centottantesimo piano di una delle numerosi torri della New City. Che risultava vuoto. Potenza della corruzione. Con cinquemila eurodollari aveva costituito una società fittizia con nomi dei soci secretati e quindi il suo nome non compariva da nessuna parte. Potenza della nuova moneta. Nata dall’unione dei due più grandi continenti occidentali, per contrastare il potere di quello asiatico, Cina e India in testa. Che da qualche decennio avevano sostituito USA e Giappone in testa al PIL mondiale.
Inquinamento del suolo e sovrappopolamento obbligavano a costruire in altezza.
La qualità dell’aria a duecento-trecento metri verso il cielo era meno velenosa. Il processo di purificazione stava dando i primi frutti. L’utilizzo di energie alternative anche. Era un processo lungo, ci voleva pazienza ed applicazione. I danni del secolo precedente erano stati enormi.
<<Sei di poche parole eh?>> chiese lei, forse senza neppure attendersi una risposta. Che, infatti, non arrivò.
In compenso il suo silenzioso nuovo amico premette il tasto di un telecomando. Si abbassarono le tapparelle elettroniche. Oscurarono il salone open space. Un altro tasto e dalla parete opposta iniziò a scendere il lettone elettrico. Materasso auto massaggiante.
<<Che figata!>> fece lei. “Vocabolario monotono” pensò lui. Ma era il suo corpo ad attrarlo, non la sua mente. Andava benissimo così.
Mentre la ragazza versava un drink analcolico in due bicchieri, gli venne in mente il titolo dell’album di quell’insulso gruppo tedesco. L’unica cosa intrigante era il titolo. Love at first sting. Amore al primo colpo. Di pungiglione. Non ci aveva mai pensato. Serial killer era un termine obsoleto. Scorpione era quello giusto. Per lui. E paragonò il pungiglione al suo membro. Solo che non era con quello che pungeva mortalmente.


Pensò all’ultima volta. In un altro rifugio segreto. Con una ballerina brasiliana. Giovane, mulatta, bassa ma bellissima, un peccato eliminarla.
Lei accolse il fallo eretto nella sua bocca. Poi si mise in ginocchio sul letto mentre lui la penetrava da dietro, in piedi dal bordo. Ritornò sul talamo seduto e la fece montare sopra. Lo cavalcava con movimenti prima lenti poi sempre più veloci, mentre lui le baciava e succhiava i capezzoli dei seni prosperosi. Furono lunghi minuti di piacere e sudore.
Quella volta gli piacque più di ogni altra. E per la prima volta si chiese “Perché ucciderla?”. Poi si ricordò della missione. Vendicarsi di tutte le donne. Come aveva fatto con la prima. Che lo aveva convinto. <<Ti amo>> gli aveva detto e scritto. Un milione di volte. Lui ci aveva creduto. E ci aveva scommesso tutto. Cuore ed anima. Fino in fondo. Lasciato famiglia, città e lavoro. Si era trasferito a New City. Per essere lasciato poco dopo. La maledetta fu la prima. Le altre furono solo sesso e vendetta. Basta amore. Solo odio.

Ritornò al presente. Senza accorgersene avevano già bevuto. Lei era nuda. In piedi intrecciò le mani alle sue. Spesso le donne che rimorchiavano si attendevano più di una scopata un tantum. Cercavano una storia. Con lui trovavano invece la fine della loro.
I pensieri lo avevano stancato ancora prima di iniziare. Si sentiva debole. Svogliato. L’energia della vendetta si stava affievolendo. 
Avrebbe abbreviato l’agonia, andando subito al sodo. Avrebbe fatto distendere la ragazza sulla schiena per penetrarla nella posizione classica. Una volta i suoi nonni l’avrebbero definita del missionario. La sua missione era vendetta e morte.
<<Facciamo un gioco?>>.
La voce di lei interruppe il flusso dei suoi programmi mentali. Che razzo voleva? Ci mancava solo questo. Quel giorno tutto stava contribuendo a sconvolgere i suoi piani. La sua mente lo era già da qualche tempo. Se ne rendeva conto. La chiamava ineluttabilità delle cose. E procedeva senza esitazioni. Ma non questa volta.
Non riuscì ad imporsi come al solito. Curiosità e stanchezza. Fece sì con la testa.
La ragazza lo fece sdraiare sul letto, al posto che doveva essere suo.
Gli tolse le scarpe. Lo spogliò della tuta. Nudo anche lui. Si attese di essere montato dalla ragazza vogliosa. Poi avrebbe ripreso le redini della situazione.
Invece lei, con forza inaspettata, gli fece distendere le braccia. Prima che potesse rendersene conto, si ritrovò con una mano e poi con l’altra conficcate nel muro con un paio di chiodi da montagna. Che cosa stava succedendo? Perché il suo corpo non stava reagendo? I muscoli non rispondevano. Solo i nervi gli trasmisero il dolore della moderna parziale crocefissione. Busto e gambe immobili. Il suo sguardo interrogativo intercettò gli occhi di lei.
Che capì e fornì l’atroce spiegazione. La sorella era stata una delle sue vittime. Lei era membro della polizia scientifica della città. Per delicatezza le era stato impedito di indagare. Ma nessuno la poteva fermare. Era riuscita a illuminare di luce il buio del fallimento, nel quale gli investigatori erano immersi da mesi. A loro insaputa aveva incrociato i rilievi sul corpo, ritrovato a pezzi in una discarica, con i casi precedenti irrisolti. Trovando una traccia comune. Di veleno, quasi impossibile da rilevare. E l’aveva seguita. Sino al laboratorio che lo produceva. Sino a quello stronzo di chimico che ora era appeso alla parete per le mani sanguinanti.
Tirò fuori un bisturi. Fece due incisioni parallele dal pube sino allo sterno. Le aprì con le dita appena inguantate. Uscirono le interiora che lui avrebbe guardato per ore con gli occhi sbarrati sino alla morte.
Se ne andò. Non era felice ma soddisfatta. Vendetta e morte. Senza sesso per il maiale, squartato. Sarebbe tornata il giorno dopo. Una pulizia a fondo e di lui non sarebbe rimasta traccia. L’inceneritore dell’obitorio cui aveva libero accesso faceva miracoli.
L’uomo scorpione agonizzò pensando che sotto il cuscino, a pochi centimetri dalla sua testa, c’era il pungiglione che tante volte aveva usato.
Una siringa. Oramai inutile.